IL QUADRO NORMATIVO EUROPEO DEGLI INTERMEDIARI DEL CREDITO


Lo studio analizza in modo comparato il funzionamento e la regolamentazione dell’intermediazione del credito in Europa, prendendo in esame sei Paesi dell’Unione Europea (Belgio, Francia, Germania, Portogallo, Spagna e Italia) e il Regno Unito, con l’obiettivo di mappare convergenze e differenze tra ordinamenti che, pur condividendo finalità comuni di tutela del consumatore, trasparenza e corretto funzionamento del mercato, continuano a presentare un relativamente elevato grado di frammentazione.


L’intermediazione viene intesa in senso ampio, come l’attività svolta da soggetti che mettono in relazione finanziatori e clienti finali senza erogare direttamente il credito: Agenti in attività finanziaria e Mediatori creditizi che operano tanto nel credito immobiliare quanto in quello al consumo, rivolgendosi a famiglie e imprese. Il quadro che emerge dall’analisi evidenzia l’importanza degli intermediari del credito per l’accesso al credito, ma allo stesso tempo gli stessi sono oggetto di rapide trasformazioni nei modelli operativi frutto di modifiche normative, nuove tecnologie e concorrenti.


Il contributo principale della ricerca è mostrare come, a fronte di un tentativo di armonizzazione europea (Direttiva 2008/48/CE – CCD), i modelli nazionali continuino a differire per classificazioni degli intermediari, requisiti di accesso e permanenza nel mercato, standard professionali, assetti di vigilanza e modalità di relazione con gli Istituti finanziatori. In tutti i Paesi analizzati è centrale l’idea che l’intermediario debba essere affidabile, competente e dotato di strutture adeguate; che debba agire con correttezza, buona fede e nel migliore interesse del cliente; e che sia tenuto a garantire un elevato livello di trasparenza informativa su identità, servizi offerti, legami con i finanziatori, oneri e caratteristiche dei contratti. Tuttavia, la tipologia dei requisiti, la profondità dei controlli e l’intensità degli obblighi formativi, possono cambiare sensibilmente da una giurisdizione all’altra, generando costi di conformità e barriere operative per gli operatori che intendono operare su base transfrontaliera.


In questo contesto, la nuova Consumer Credit Directive 2 (CCD II) assume un’elevata rilevanza, perché promette di aggiornare e rafforzare il perimetro di tutela nel credito al consumo alla luce dei cambiamenti intervenuti nei mercati e nelle tecnologie. Lo studio, che mette in luce un quadro frammentato, contribuisce a sottolineare come la CCD II, pur non eliminando la discrezionalità nazionale, possa contribuire a ridurre le asimmetrie regolamentari che oggi ostacolano la piena integrazione del mercato del credito in Europa.


Il lavoro mette in luce anche la trasformazione del modello distributivo del credito. Accanto alla rete bancaria tradizionale si sono affermati soggetti non bancari e piattaforme tecnologiche capaci di comprimere tempi e costi, sfruttando l’automazione dei processi. La dicotomia tra high touch e high tech è uno dei fili conduttori della ricerca: da un lato l’intermediario umano, basato su relazione, consulenza su misura, capacità di leggere situazioni finanziarie complesse e di accompagnare il cliente nel percorso decisionale; dall’altro l’interfaccia digitale, orientata a efficienza, scalabilità e immediatezza. Lo studio evidenzia come la competizione tra i due modelli stia evolvendo verso una crescente complementarità, aprendo la strada a modelli ibridi, in cui l’intermediario integra strumenti digitali con un supporto umano ad alto valore consulenziale.


Un ulteriore fenomeno che incide in modo significativo sul settore dell’intermediazione creditizia è la razionalizzazione degli sportelli bancari. Tale fenomeno deriva da esigenze di efficienza e dall’adozione massiva del digitale, aprendo ampi spazi per Agenti e Mediatori in termini di prossimità, servizio personalizzato e presidio di territori o segmenti di clientela altrimenti trascurati. In questo scenario, l’intermediario può fungere da ponte tra inclusione finanziaria e innovazione, sfruttando la tecnologia per abbattere costi e tempi, ma mantenendo la capacità di accompagnare il cliente più vulnerabile o meno avvezzo all’utilizzo di canali digitali. Il tema dell’inclusione emerge come un’opportunità strategica: dove il canale bancario risulta in tutto o in parte assente, l’intermediario ha la possibilità di presidiare il bisogno di credito con modalità flessibili, costruendo nuovi percorsi di accesso responsabile ai finanziamenti.


Non mancano, tuttavia, le criticità. La frammentazione normativa resta la sfida più evidente, perché potrebbe aumentare gli oneri amministrativi e rendere più complessa la gestione dei rischi di compliance, scoraggiando l’espansione transfrontaliera degli operatori. A questo si somma la spinta tecnologica che obbliga gli intermediari a continui investimenti in competenze, processi e strumenti, con il rischio di accentuare la distanza tra soggetti strutturati e realtà più piccole. Infine, la digitalizzazione porta con sé nuovi rischi, dalla sicurezza informatica alla protezione dei dati, che impongono standard elevati di governance e controllo.


Lo studio propone, in controluce, alcune direttrici di sviluppo che possono rafforzare il ruolo degli intermediari e, al tempo stesso, favorire un mercato più integrato e competitivo. In primo luogo, l’opera di armonizzazione, dentro la quale la CCD II rappresenta una tappa decisiva, può essere orientata a definire criteri comuni per l’accesso al mercato, la formazione continua, la trasparenza informativa e la tracciabilità delle relazioni con i finanziatori. In secondo luogo, l’adozione di tecnologie abilitanti – dalla gestione digitale dei processi all’analisi intelligente dei dati – può migliorare l’efficienza operativa senza sacrificare la qualità del servizio, purché sia accompagnata da solide cautele in materia di condotta, protezione del cliente e corretto utilizzo degli algoritmi decisionali. In terzo luogo, la cooperazione tra autorità nazionali e la creazione di strumenti interoperabili di monitoraggio e registrazione degli operatori possono ridurre duplicazioni, opacità e asimmetrie informative, aumentando la fiducia di consumatori e finanziatori.


Nel complesso, il quadro che emerge è quello di un settore in transizione, nel quale gli intermediari tradizionali non sono destinati a scomparire, ma a riposizionarsi come fornitori di servizi ad alto contenuto consulenziale, capaci di integrare velocità, personalizzazione e presidio etico. La capacità di costruire modelli ibridi, di investire in capitale umano e tecnologico, di presidiare la relazione nei momenti chiave del ciclo di vita del credito e di interpretare in modo proattivo l’evoluzione della cornice regolamentare – con particolare attenzione alla CCD II – sarà ciò che distinguerà gli operatori in grado di prosperare in un mercato sempre più esigente. In ultima analisi, lo studio sottolinea come la stabilità e l’efficienza del sistema richiedano regole chiare, vigilanza efficace, responsabilità professionale e la capacità, tipicamente umana, di comprendere bisogni, fragilità e obiettivi finanziari delle persone oltre i meri dati numerici.


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